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Tre primi della tradizione fra i monumenti più belli di Roma 

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Eccoci qua con una breve introduzione ai tre cavalli di battaglia della gastronomia capitolina, vista la posta in gioco porrei in primo piano la Carbonara, molto conosciuta sia in Patria che all’estero, riproposta in molte varianti (alcune piuttosto disdicevoli) e perfino come ripieno per i supplì.

Cominciamo col dire che ogni romano sa tutta la verità sulla storia della comparsa della Carbonara e, ovviamente, conosce a menadito la ricetta vera, originale, autentica e certificata.

 

La verità? Beh, la gastronomia è in continua evoluzione e rispetto alle prime ricette comparse sulle riviste di cucina intorno agli anni cinquanta del novecento vi sono state alcune modifiche che hanno progressivamente ridotto gli ingredienti a: uova, pecorino romano DOP, pepe nero e guanciale stagionato.

 

Vi sono poi diverse scuole di pensiero sulle modalità di utilizzo dei suddetti ingredienti, tuttavia ciò che conta è evidentemente il risultato. Noi, personalmente, poniamo l’accento sul guanciale, che deve essere piuttosto dolce, magari aromatizzato mediante una stagionatura a contatto con grani di pepe nero, comunque non eccessivamente salato.

 

La modalità di preparazione è accessibile a tutti: basta fare una crema con le uova (anche solo con i tuorli se lo si preferisce) sbattute insieme al pepe nero e al pecorino grattugiato, e poi aggiungerlo alla pasta scolata. Attenzione però a stemperare un po’ la pasta prima di aggiungere il composto per evitare di ricavarne una “frittata”!

 

In questa proposta di degustazione, noi vi proponiamo un spaghettone alla chitarra (ovvero a sezione quadrata, ricavata mediante la stesura della sfoglia sopra una vera e propria chitarra rettangolare) fatto con farina di grano duro e acqua, questo per non sovraccaricare di uova il piatto e in definitiva perché a noi piacciono moltissimo.

La pasta all’Amatriciana invece è una sorta di Carbonara rossa…

Niente di più sbagliato, infatti si trovano tracce della pasta all’Amatriciana (o alla Matriciana, fate voi) in tempi antecedenti rispetto alla Carbonara, e vi sono importanti varianti anche riguardo la preparazione, che, nel nostro caso, contempla una cottura un po’ più prolungata del guanciale in modo da abbrustolirlo leggermente, l’aggiunta della cipolla e una cottura lenta nel pomodoro, in modo da poter ottenere una salsa molto saporita, da arricchire poi con una spolverata di pepe nero macinato e pecorino grattugiato.

 

A nostro parere l’Amatriciana si abbina bene agli strozzapreti, che sono una pasta fatta a mano con farina di grano tenero e acqua, i quali devono il loro curioso nome alla consuetudine nella quale venivano serviti ai proprietari terrieri nello Stato della Chiesa, che erano appunto i preti, poco amati nella veste di riscossori dei tributi derivanti dal raccolto.

La Cacio e Pepe invece, quando fatta bene, è un capolavoro di cremosità che ha pochi eguali ed è capace di conquistare proprio tutti i palati. 

La strategia qui è semplice e si basa sul controllo della temperatura del formaggio, che non deve salire troppo, pena l’effetto “mozzarella”. A tale scopo si rivela utile l’utilizzo di un colapasta nel quale lasciare qualche secondo la pasta a scolare dopo averla estratta dall’acqua di cottura.

 

Per questa ricetta potrebbe essere necessario addomesticare un po’ il pecorino romano DOP, che a molti potrebbe risultare troppo salato: una soluzione per alcuni è usare acqua di cottura non salata per la pasta, un'altra potrebbe essere mischiare il pecorino con del Parmigiano Reggiano, meglio se poco stagionato, per facilitare la formazione della crema.

 

A terminare il piatto una bella spolverata di pepe nero, che dovrebbe essere macinato il più finemente possibile, così da far divenire la crema di una leggera sfumatura grigia. Una vera libidine che noi vi proponiamo in abbinamento ai classici tonnarelli all’uovo fatti con farina di grano tenero e uova fresche senza aggiungere acqua all’impasto per ottenere la massima tenuta alla cottura.

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